Ora tocca a me by Dario Fani

Ora tocca a me by Dario Fani

autore:Dario Fani [Fani, Dario]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2023-03-07T00:00:00+00:00


8

Conto le sedie del salotto, sono nove. Tutte in legno di ciliegio e rivestite in pelle verde. Provo a rimetterle esattamente come le ha sistemate mio padre l’ultima volta che ci siamo visti. Non perché mi interessi, ma solo per esercitare la memoria. Attraverso le sedie ci ha mostrato il simbolo dell’enneagramma, che in verità è il risultato di due simboli accoppiati fra loro, e poi ci ha spiegato che è una conoscenza sufi ma in Europa è arrivato grazie al ricercatore russo Gurdjieff, un abile alchimista, ideatore della legge dell’ottava. Passando da una sedia all’altra mi ha riempito di una quantità di altre informazioni che, sono certo, mai e poi mai mi serviranno nella vita. Almeno per la vita che conduco al parchetto. Come tutto quello che mio padre mi insegna: dalla fisica dei quanti alla replicabilità infinita della geometria frattale.

Continuo a guardare le sedie, le ho disposte tutte con precisione e sorrido all’idea che ancora non so dove mettere la mia sdraio. Ma non sono triste, tutt’altro. Sono sereno. Credo di aver sistemato diverse cose in questi giorni, non solo le sedie. A cominciare dalle chiacchiere che si facevano sul mio conto. Tutto gira come deve girare. L’unica cosa che mi dispiace è che da qualche settimana non vedo più Antonio. Neppure sua mamma. Niente passeggiate. C’è stato qualche giorno di pioggia, ma loro di solito escono anche con la pioggia.

A volte le cose che ci piacciono dobbiamo andare a prendercele.

Cataldo parla di posizioni sulla scacchiera, ma io credo che le parole del mio Maestro valgano anche nella vita. C’è una promessa da mantenere: un incontro di scacchi a casa sua.

Sento che è venuto il momento. Prendo la scacchiera e mi incammino verso il suo palazzo. È lo stesso dove abita Eugenio, il figlio del cartolaio. Mi mette disagio. Ho paura di incontrarlo. Il portone è aperto, vinco gli indugi ed entro. Ho una memoria esercitata, mi ricordo il piano, il cognome e l’interno. Insieme alla scacchiera ho portato anche i miei scacchi d’alabastro. Voglio che sia una partita da ricordare.

Faccio un piccolo sospiro, aggiusto i capelli. Suono. Mi piace l’idea di potergli dire che giocherà contro uno che parteciperà alle gare nazionali. Ho portato con me il telegramma dove c’è l’invito. Ma niente, nessuno risponde. Sento dei rumori all’interno, suono di nuovo. Mi apre la sorella, a mezza porta. Voglio dire, non spalanca del tutto l’uscio. Ha il volto pallido e stanco. Mi fissa come fossi un fantasma: «Davide? Cosa c’è?».

«Sono venuto per giocare con Antonio a scacchi» le dico sorridente. Eccitato. Lei ha una strana smorfia e poi un singhiozzo. Una specie di singhiozzo. Come dovesse trattenere qualcosa dentro, per poter far uscire la voce.

«Antonio è morto.»

Chiude la porta.

Non mi dà modo di aggiungere altro.

Non so quanto tempo rimango con gli scacchi in mano e la porta chiusa davanti agli occhi. Non so quanto tempo. Non so quanto tempo rimango a immaginare quella partita che non giocheremo mai. Prima piango, poi penso. Non è un vero e proprio pianto.



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